Cosmic Despair - Celebration of the Wake‏



Label: Marche Funebre Productions
Year : 2012
Genre: Funeral Doom Metal
Sentence: Celebrating the funeral doom history [7.0]

I Cosmic Despair sono un "supergruppo" internazionale formato dal chitarrista Azathoth (Gurthang e Beyond Life), il cantante Stormalv (Mortifera e Morgenrode) e il tastierista Sam (Ecliptic Dawn). Il gruppo nasce come studio project, basato sullo scambio di idee online per volontà di Azathoth e Stormalv provenienti entrambi sostanzialmente dalla scena Black Metal (tranne Sam che viene invece al Gothic), ma decisi a suonare Funeral Doom per portare omaggio a grandissimi gruppi del genere come i Therogothon o i mai troppo compianti Colosseum (R.I.P. Juhani Palomäki). Dopo uno split con i Gurthang medesimi i nostri giungono alla pubblicazione del primo full length sulla label russa Marche Funebre.
Il sound proposto è un puro Funeral Doom, forse non originalissimo, che sembra essere per l'appunto un tributo ai gruppi ispiratori alle volte. Alcune soluzioni sembrano un po' tradire l'origine Black dei componenti del gruppo come le stranissime linee vocali che vedono spesso sovraincisi growl di tipo diverso, risultano però a mio avviso un possibile punto debole del disco. Io purtroppo sono un mezzo integralista del growl abissale à la Nick Holmes dei bei tempi, ognuno ha i suoi difetti. Le tastiere di Sam sono molto presenti, soprattutto come intermezzi di archi e danno un caratteristico tratto riempitivo. L'uso mi ricorda un po' quello che ne fanno gli Skepticism, solo che appunto al posto del peculiare organo della band Finlandese si opta per questi arraggiamenti di archi forse un po' più abusati. Nel sound globale i lead paiono alternarsi tra chitarre, archi e pianoforte riuscendo in una bella amalgama di cupezza. Una menzione speciale va anche al basso suonato da Stormalv che alle volte riesce ad emergere dal miasma sonoro malevolo del gruppo, cosa non facilissima nel Funeral Doom (gli Skepticism manco ce l'hanno un bassista, tanto per dirne una). In definitiva il disco è buono e merita un ascolto per le atmosfere plumbee tetre e opprimenti che il terzetto sa generare. L'unica cosa che vorrei dire è che probabilmente dovrebbero cercare di levarsi di dosso quell'alone un po' Black che contraddistingue alcune scelte che secondo me stona un po' con il resto della proposta. Se non avete voglia di ascoltarvi tutto il disco ascoltatevi la cover finale di The Unknown Kadath in the Great Cold Waste dei Thergothon per capire di che sono capaci e vi ricrederete subito sulla necessità di ascoltarli.
[Giorgio Gubbiotti]



1 commenti:

Anonymous said...

interessantissimo!

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