Ahab - The Giant


Label : Napalm Records
Year : 2012
Genre : Doom Metal
Sentence : Profondo Blu [7.5]

Roba difficile quella degli Ahab. La band è tra le principali della scena Doom più funerea e monolitica, si è fatta conoscere grazie ai due ottimi lavori precedenti a questo The Giant. La band continua a non smuovere una virgola lungo il suo tragitto, in questo The Giant ci sono maggiori echi classicisti e meno stacchi plumbei ma il risultato alla fine è sempre quello. Va dato merito perchè questa è musica difficile da suonare e da scrivere, eh già andare a 240 bpm non fa di voi dei gran chitarristi, comunque, il coefficiente di difficoltà dell'ascolto è assai alto ma tutto viene reso più facile dall'imboccata iniziale di Further South, una traccia tutto sommato molto godibile senza particolare ripetuti ascolti. Tutto poi sfuma nel nero più corvino e nel mare più abissale sino a toccare punte remote del non ritorno in Antarctica The Polymorphess. Risalita in superficie con Fathoms Deep Blue che tra arpeggi e movimenti vari rialza l'asticella dell'ascolto su soglie umanamente comprensibili. Conclude il tutto la title track che in modo energico pone la parola fine a quest'ultima mastodontica fatica dei tedeschi.
E' un bel cd che ha un carattere raffinato e posato (arpeggi e clean vocals) ma che sa anche dosare a giusta quantità rabbia ed inquietudine, guarda dentro gli animi e scruta nel profondo abisso, colpisce in tanti punti e modi diversi l'ascoltatore. E' globale nel percorrere atmosfere e movimenti più progressivi, figlio di una visione di insieme sicuramente poco comune oggi giorno nel Metal.
Manca giusto un po di misticismo e stupore colpa del fatto che il nome si è consolidato, manca quell'alone di novità che copriva la loro proposta, un fattore non indifferente ma che comunque incide nell'ascolto del cd.




2 commenti:

ThePhilosopher said...

Secondo me non è vero che non hanno mai cambiato nulla nel loro sound. Certo, non hanno fatto stravolgimenti, ma da The Call Of The Wretched Sea fino a The Giant passando per The Divinity Of Oceans non si può dire che si siano ripetuti. Per me il loro migliore rimane quello di mezzo, questo forse è un po' troppo difficile da digerire, ma c'è comunque da dire che si son dati da fare rinnovando la loro proposta, variegandola e aggiungendole spunti ancora più progressive e in certi casi anche post, secondo me.

Edoardo said...

intendevo dire che fanno sempre Funeral Doom, tra l'altro nelle righe seguenti ho sottolineato come questo è il loro lavoro più "classicista". E' un modo diverso di suonare la stessa cosa, hanno mischiato le carte ma il mazzo è sempre quello ed altri mille esempi, tanto si è capito.

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