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Essere la storia che scrive la storia parlando di storia - Hail of Bullets / III: The Rommel Chronicles




Per tutti coloro i quali vale l 'immagine qua accanto esposta consiglio vivamente di cambiare recensione.
Gli Hail Of Bullets tra gli Asphyx ed altro ci hanno messo per partorire il nuovo album, ben 4 anni, ma con cognizione di causa. Se da una parte la forza del gruppo era la prepotenza del Revival essendo essi stessi il Revival dall'altra già dal secondo cd si era capito che proporre album uno uguale all'altro non ha il ben che minimo senso.
Allora la band ha deciso di fermarsi per riuscire a costruire un sound ancora più personale e distaccato sia dai Bolt Thrower che dagli Asphyx. Accentuando la sezione solista e le armonizzazioni, cercando di captare un certo mood di intendere il riffing death metal, cogliendo alcune peculiari tonalità la band di Van Drunen e soci è riuscita come negli Autopsy del comeback a trovare una formula assolutamente nuova ed inedita che non esisteva prima nelle proprie corde. L'assenza del "sentire novità" in un genere come nel Death Metal senza snaturare il tutto con breakdowns vari è diventa una sorta di ricerca di El Dorardo tra costanti camuffamenti di band meno note o scopiazzamenti nemmeno tanto velati. Ci vuole qualcuno che proponga qualcosa di talmente personale ma profondamente Death da non poter lasciare nessun interlocutore muto, e qui gli HoB hanno STRAVINTO.
Se pensiamo al minuto finale di DAK, all'intro di Pour le Merite ed a tutta Death of a Field Marshal ci accorgiamo di non aver veramente mai sentito niente del genere negli HoB anche se già On Divine Winds cercava di accentuare il lato melodico, su quest'ultimo capitolo viene totalmente enfatizzato ed estremizzato portando ad un nuovo acme la musica del quintetto olandese.

Perfino meglio del brillante debutto e persino di quel Death....The Brutal Way che aveva monopolizzato i miei ascolti per mesi e mesi all'uscita di esso. Più curato, fresco, tecnico, meglio prodotto ed essenzialmente più ispirato. Un album ampiamente confrontabile coi due precedenti date le somiglianze e le influenze ma si rischia di sminuire e non capire la portata di questo nuovo parto.
Tutte le caratteristiche del combo vengono esaltata come in una giusta mescolanza di sapori grazie ad un mastering e missaggio curatissimo e perfetto ad opera del grande maestro Dan Swano oramai titano indiscusso del sound Swedish/Death Metal del nord europa.
Altra carta vincente va data a Van Drunen che riesce a portare non solo una grande partecipazione emotiva ma anche una buona dose di cultura in un genere spesso denigrato ed impuzzolentito da band i cui membri forse hanno la terza media (con rispetto parlando). Vedere tra Gorguts e Hail of Bullets un po' di sana maturità e conoscenza trasposta su di un genere così rude ed elitario è una prelibatezza che veramente pochi possono assaggiare e cogliere a pieno. Uno perchè la gente non legge i testi, due perchè non tutti ascoltano Death Metal.
Quindi, come ogni qual volta Van Drunen mette becco su qualcosa, bisognare stare zitti ed ascoltare, qui c'è la storia del Death Metal che prosegue e scrive le sue pagine nel secondo millennio. Il divario tra loro e tutti è sempre più incolmabile.
Chapeaue!



Year : 2013
Genre : Death Metal
Record Label : Metal Blade
Sounds Like : Asphyx, Bolt Thrower
Reviewed by : Edoardo
Mark : 9.5/10



The Black Dahlia Murder - Everblack


Year : 2013
Genre : Melodic Death Metal
Record Label : Metal Blade Records
Sounds like : Satan that are pissing of on your mother...
Reviewed by : Edoardo
Sentence : Evergreen

In questi ultimi due mesi ho ascoltato a palla due discografie, quella dei August Burns Red e dei The Black Dahlia Murder.
Sono diventato un grande fan della band, conosco i testi e tutto in meno di 3 mesi. Premettendo quindi che potete trovare nelle ultime mesate tutta la discografia per capire che cosa mi piaccia e cosa adori del la loro musica comincerò a descrivere il nuovo Everblack partendo dalle analogie e differenze rispetto la discografia.
Il primo punto di continuità che si rintraccia è la vena neoclassica che viene ampiamente diluita e rarefatta, non alla ritual in cui sfondava i timpani ogni 3x2, dosata con cura sino alla citazione d'autore su Map of Scars dove Beehetoven viene riesumato. Si continua ad aggiungere caratteri black metal alle armonizzazioni sempre più glaciali e meno Melodic Death Metal, insomma di canzoni come Death Panorama nemmeno l'ombra. Il minutaggio delle canzoni aumenta senza perdere di intensità, niente buchi melodici infiniti, niente sezione solista messa come ponte da una metà all'altra della canzone con 3-4 note a far da cornice. La band pare maturata molto sotto il profilo della costruzione delle singole canzoni con moltissime meno ripetizioni, c'è caso che hanno fatto pure 4 volte uno stesso riff in modo diverso, quasi non ci credevo quando l'ho sentito (è su Goat of Departure).
Si continua inoltre a sperimentare altri tipi di armonizzazioni vicine per quanto mi riguarda allo stile dei Death di Leprosy e Spiritual Healing, a vederla con occhio lungo pare proprio la band capostipite del Death ad aver maggiormente influenzato lo stile dei nostri a questo giro o almeno i colpevoli delle "innovazioni" del sound. Per confronto con gli altri cd possiamo vedere questo una perfetta via di mezzo  tra Deflorate e Ritual in tutto e per tutto.
A livello di contenuti penso ci sarà assai da dibattere. Trovo un paio di tracce (Blood Mine e Control) scritte molto a tavolino, per dire l'intro e il bridge dopo di Blood Mine son fatti con le stesse note e con quasi la stessa sequenza di Stratutory Ape. Oltre il fatto che ovviamente sono prive di riff vincenti e le armonizzazioni sono scialbe.
Ovviamente si apre con la What Terrible... di turno ovvero In Hell Is Where She Waits for Me che denota tutte le novità e le caratteristiche di questo nuovo cd, un bel biglietto da visita per capire come andranno le cose. Il cd poi ha un paio di tracce per sviluppare ampiamente il tutto ovvero Raped in Hatred by Vines of Thorn/Phantom Limb Masturbation in cui sfoggiano il maggior numero di soluzioni vincenti. Ecco se c'è una cosa che manca alla quasi totalità delle tracce è un chorous da ricordare, il caro travis nonostante abbia ampliato e migliorato il suo stile di cd in cd pare che si sia scordato come si fanno ritornelli del calibro di Moonlight Equilibrium. Questo forse viene meno anche perchè il riffing sotto è diventato ancora più articolate e diventa difficile sfoderare linee vocali degne di nota sotto una scarica infinita di 16esimi. Ottimo e da lode per dire il riff groove coi bending di Their Beloved Absentee dove qui anche l'interpretazione canore è positiva. L'unico momento dove possiamo ricordare con facilità le metriche di Trevor è nella semi title track Into the Everblack che si presta bene grazie a soluzioni ritmiche MOLTO accomodanti e potenti, adatte a far dare il meglio con un pizzico di ispirazione.
Menzione particolare va data a Every Rope a Noose che risulta una traccia assai indecifrabile ed enigmatica, il riffing disegna dissonanze glaciali e momenti puramente Black Metal alla Dissection il tutto esplode poi in un ritornello molto In Flames, una delle tracce più peculiari e singolari della loro discografia, quel più che serve a valorizzare e dare varietà alla tracklist.
Altra menzione speciale va per Goat of Departure che apre in modo assai scontato come a dire "ok vi do un po' di roba in vecchio stile ok?" e continua in modo assai Old School elaborando il main riff e facendoci vari ricami da bravi sarti. Ottimo il break dove c'è il primo vero Chorous della loro discografia che inneggia un "Six! Six! Six!" che tutti i fan non vedono l'ora d'urlare.
Per concludere a parte quelle due tracce messe la tanto per il cd risulta l'ennesima evoluzione, salto triplo carpiato con avvitamento del gruppo, ancora più marcatamente glaciali e Black Metal, moderatamente neoclassici, ancora più fortemente Death Metal nel senso puro del termine senza canzoni come Malenchanments of the Necrosphere o sferzate di terzine senza fine. Forse, il lavoro più Old school dai tempi di Miasma. E, tanto per cambiare, è ovviamente un gran cd.



8/10
 [con questo cambia anche il voto di Deflorate visto che personalmente lo trovo complessivamente un lavoro migliore]





The Black Dahlia Murder - Ritual


Year : 2011
Genre : Neoclassic Deathcore (?)
Record Label : Metal Blade Records
Sounds Like : If Mozart was a Serial Killer...
Reviewed by : Edoardo
Sentence : A Classic of our Times

Ricordo bene e senza ipocrisie il fatto che non digerii molto il cd alla sua uscita, mi ricordo un paio di singoli, anzi che solo le prime 2 canzoni mi presero e tutto il resto mi fu di tale noia che rimandai semplicemente un giudizio più concreto. Ad anni di distanza Ritual si fa vedere come l'album più ricco di spunti, personale, elaborato, sofisticato e ricercato del combo USA. Le influenze si estendono e un carattere neoclassico pervade tutta la sezione solista ora non più confusionaria ma sognante, jazzy, a volte molto suggestiva. Si unisce anche un sapore black in molti riff con armonizzazioni che tendono a ricordare un poco i Dissection. Già dai ritornelli di A Shrine to Madness e Conspiring With the Damned possiamo intravedere quel gusto proprio di un certo Death Metal melodico di nuovo stampo. Allo stesso modo in Conspiring With the Damned troviamo il difetto più grande che pervade molte delle tracce. L'abbandono totale al Deathcore, rilegato ad un paio di tracce e basta (Malenchanments of the Necrosphere, On Stirring Seas of Salted Blood) ma fatto MOLTO meglio lascia libero spazio ad interludi (odio gli interludi) infiniti, doomy, calibrati per essere sonnecchianti, leggeri e quasi apposta noiosi. Questo è riscontrabile in diverse tracce e funge dal file rouge del cd che si prende una grande pausa da quel tritello immane che erano i due cd precedenti e decide di lavorare veramente su una vera sezione ritmica ed una vera sezione solista riuscendo ad evolvere il proprio sound verso l'assoluta perfezione. Peccato veramente per un finale di lavoro poco esaltante, le conclusive tracce non lasciano soddisfatti (The Raven e Great Burning Nullifier) e sembrano messe su con i riff scartata delle canzoni più quotate del medesimo cd. Si salva con un colpo di reni degno del miglior Buffon con Blood in the Ink per l'eccellente lavoro svolto con i Synth di violino, violoncelli, quello che è, un lavoro d'alta classe che rispecchia la vena neoclassica del cd, vero punto di svolta nella carriera dei nostri. In mezzo al tracklist troviamo inoltre un tributo ai Napalm Death dal titolo Den of the Picquerist un tripudio di Grind/Hardcore di notevole carica.
A parte qualche attimo di smarrimento l'altro neo del cd è il fatto che a differenza dei cd precedenti, tutti, ci mette assai per carburare e fare male, è più un diesel. Rimane ostico a tratti da digerire per la quantità di materiale proposto, è quindi auspicabile un'ottima via di mezzo nel prossimo attesissimo lavoro che dovrà confermare la formula, migliorarla, renderla più d'impatto, omogenea ed esaltante. Non che comunque non manchino esempi di grandi enfasi come il ritornello di The Window.

"I fill the mouth with semen while the head still blinks and shakes ten
seconds is the window another chold has met his fate I hold the grisly teasure skyward have a
laugh into it's face bless all earth's most precious children with my blackened love insane"


Mark : 8.5/10



The Black Dahlia Murder - Deflorate


Year : 2009
Genre : Deathcore
Record Label : Metal Blade Records
Sounds Like : 100 tons of lead on your feets!
Reviewed by : Edoardo
Sentence : Me fate fa gli straordinari

Spesso mi confondo chiamando questo cd Necropolis, forse il nome sarebbe stato più rappresentativo del cd. Venire dopo un Nocturnal è come venire dopo Master of Puppets, puoi fare il tuo And Justice For All per quanto più raffinato e tecnico ma non sarà mai come quel capolavoro, il cuore, l'estro, la libertà. I TBDM tornano puntali ogni 2 anni perchè questo le Label vogliono ma fortuna loro i risultati sono sempre sopra la media, specialmente per il duo iniziale del cd, le mie opener preferite della loro discografia, in particolar modo Necropolis possiede il più bel ritornello Death Metal della loro già decennale carriera, potente, epico, struggente.
Peccato per le seguenti A Selection Unnatural e Denounced, Disgraced che non riescono a colpire, molto suggestive, a tratti quasi narranti ma poco penetranti. Particolare nota di merito invece per Death Panorama che in meno di due minuti riassume il cd. La forza e la fortuna della band è essenzialmente il duo di cd Nocturnal/Deflorate per aver impostato uno stile del tutto personale, fuori dagli schemi, potente e molto Catchy. Non potendo fare a meno di bissare il successo la band ha creato un cd fotocopia di quello precedente proprio anche a livello di tracklist e disposizione dei singoli, parti veloci, momenti riflessi e d'assalto. Unica nota veramente veggente è la prepotente I Will Return che inneggia già i fausti più neoclassici e ultra melodici del seguente Ritual.
Se pur di livello qualitativo inferiore rispetto Nocturnal è assolutamente alla pari per quanto riguarda produzione, quantità di singoli e parti memorabili, la fortuna di Nocturnal è semplicemente di avere una tracklist da panico.


Mark : 7.5/10



The Black Dahlia Murder - Unhallowed


Year : 2003
Genre : Melodic Death Metal
Record Label : Metal Blade Records
Souns Like : Dismember, At The Gates, Dissection
Reviewed by : Edoardo
Sentence : Fuck off all trve metallers

Questa sarà più una riflessione filosofica che una vera recensione.
Unhallowed è il primo cd dei The Black Dahlia Murder edito per Metal Blade Records, anno 2003.
L'album si presenta senza fronzoli od orpelli, introduzione narrata e cataclisma di riff in stile At The Gates ultra tirati e oppressi dal blast, così si potrebbe riassumere il cd in poche parole.
Molti contestano tutt'ora la band del Michigan per una somiglianza sin troppo evidente verso le sonorità Swedish di Dismember e At The Gates, molto insultano pure un fare a dir loro "da copioni" che li ha portati nelle vette del mondo.
Sarebbe da riflettere su come l'unica band che fa Melodic Death Metal in modo incazzato senza pippe inutili, melodie gay, ritornelli isterici, col blast sia smerdata dalla critica più intransigente poichè troppo ancorata al passato di band "intoccabili". Vorrei proprio sentire, anzi vedere, un fan del Death Metal medio a non menare qualcuno ascoltando Elder Misanthropy, roba che resuscita in te le peggio follie animali, ritornello catchy da seghe, riff tritatutto, stacchetto da headbanging, smitragliate continue della batteria, bridge che ricordano persino i Dissection più animaleschi. Ora con tutto l'odio possibile verso certe band, vorrei vedere lo stronzo che sbadiglia su tale canzone.
Stesso discorso per The Blackest Incarnation, pur sentendo si gli echi di tutte le band che volete, una certa scontatezza, si, sono estremamente scontati! Pur avendo già in mente il filo della canzone dalla prima nota, vi sfido a non esaltarvi di secondo in secondo, vi sfido a non voler menare qualcuno durante il "chorus" col blast a metà canzone.
Ma se pensate che questo sia il top, il colpo di grazia lo da la thrasheggiante Hymn For The Wretched che quasi in chiusura da una stoccata degna del mio sciabolatore per chiunque avesse dubbi sulla natura del cd. Menare, menare, menare e menare ancora. Non ce ne frega un cazzo se assomigliano ad altre band, se sono scontati, non ce ne frega un cazzo se per voi sono troppo "trendy" e poco Old School, mannaggia la madonna un album che ti fa venire così tanto il prurito alle mani non penso sia mai esistito, voglia di pestare a sangue qualcuno portami via.


Mark : 8/10




The Ocean - Pelagial


Year : 2013
Genre : Post Metal/Post Hardcore
Record Label : Pelagic records, Metal Blade Records
Souns Like : Twenty Thousand Leagues Under the Sea
Reviewd by : Edoardo
Sentence : Another Masterpiece.

Quasi mi vien da pensare che recensire un gruppo del genere è superfluo, rimane per chi sa ascoltarli, per gli altri è un gruppo invisibile, troppo poco metal, troppo poco hardcore, poi quel Rossetti che non si sa bene se vuole fare growl o pulito. Canzoni da 9 minuti, progressioni, digressioni, deliri.
Pelagial doveva essere un cd strumentale e questo è testimoniato da una versione di esso come per i precedenti due lavori totalmente senza voce. Poi però arriva sempre Rossetti, resuscitato per l'occorrenza e tornato in attività dopo un anno di stop.
Dover venire dopo Heliocentric e Antropocentric è per un cd come entrate in sostituzione a Messi, bisogna dare il 120%, Pelagial da il 120%. Differenza sostanziale rispetto il passato è un uso molto minore di archi e fiati, meno clean vocals e un approccio più Metal in generale alle canzoni.
Infatti possiamo constatare come la band sia stata influenzata da Mastodon (Bathyalpelagic II: The Wish In Dreams) e dal Djent (il finale di Bathyalpelagic III: Disequilibrated) non che da un pizzico di istinto Black Sabbath nelle tracce più lunghe e nel clamoroso main riff di Hadopelagic I: Omen Of The Deep.
Al contrarioBathyalpelagic I: Impasses e Benthic: The Origin Of Our Wishes ci fanno rivedere i fasti dei due album precedenti.
I due Leviatani ,invece, Hadopelagic II: Let Them Believe e Demersal: Cognitive Dissonance come Anthropocentric o The Origin of Species nei rispettivi cd danno quel tocco in più di sublime classe compositiva, roba aliena e totalmente estraniante che non pensi sia possibile comporre.
Il livello di arrangiamento è come sempre oltre ogni soglia, si possono permettere di ripetere riff all'interno dei trittici Bathyapelagic e Abyssopelagic come se tutto scorresse verso un unico mare.
Il cd infatti si digerisce come un'opera completa ed organica, tutta unita e sorretta dal concept lirico non che atmosferico e ribadisco ATMOSFERICO.
Poichè se sempre dei The Ocean si tratta, le atmosfere e i climi disegnati in Pelagial sono totalmente differenti da quelli filosofeggianti e blandi di Heliocentric o da quelli frenetici e schizofrenici di Anthropocentric. La capacità di trasformare il sentimento in nota è una proprietà di pochi eletti e il caro Nido sicurmente la possiede.
Dopo diversi ascolti posso dire con certezza che questo cd sta bene in pari con il duo -centric, e ringrazio Dio di dare sempre ispirazione agli uomini giusti.
Nel senso più ampio di metal, forse, stiamo parlando della migliore band attualmente con gli strumenti in mano.


Mark : 9/10



Pyrithion - The Burden of Sorrow


Year : 2013
Genre : Technical Death Metal
Record Label : Metal Blade Records
Sounds Like : Allegaeon, Aegeon, Origin, Psycroptic
Reviewed by : Edoardo
Sentence : Sick Stuff

Già di per se il fatto che i chitarristi degli Allegaeon formassero un gruppo Death Metal dovrebbe mettere sull'attenti ogni essere umano sulla terra, il loro Drop E sta diventano legge. Aggiungeteci poi una voce di tutto rispetto come quella degli As I Lay Dying che per la cronaca qua sfoggia un appeal tutto meno che Metalcore e allora avrete quel mix letale che gli amanti di Psycroptic e Origin aspettano da tempo.
Le due band sopracitate formato il tappeto di base sopra il quale il sound dei nostri si sviscera con chitarre arzigogolate e sempre molto groovy, se prendente Entity e gli unite Symbols of Failure probabilmente quello che uscirà fuori sarà questo demo dal titolo The Burden of Sorrow.
Se The Invention of Hatred è già un singolone cantato in mezzo mondo grazie anche ad un Lyric Video da sborrata istantanea, Bleed Out ne mostra il carattere più groovy e arcigno.
Rest In The Arms Of A Paralyzed Beast invece inizia come una canzone degli Allegaeon, arpeggino classico, chitarra ritmica dissonante, breve stacco e tritello iniziale da ammazzarsi il collo dove riff tutti vorticosi e circolari si snocciolano uno dopo l'altro lasciando macerie dietro di se.
E' vero che le altre due canzoni non sono minimamente paragonabili ad Invention of Hatred ma mi viene   in mente che alla fine è un Side Project, che siamo solo all'inizio e non si può ancora parlare in modo definitivo della band. Per ora i risultati sono ottimo, oh.


Mark : 7.5/10



Six Feet Under - Unborn


Year : 2013
Genre : Death Metal
Record Label : Metal Blade Records
Sounds Like : All their cds
Reviewed by : Edoardo
Sentence : Mannaggia al creatore onnipotente...

Sindrome SFU? Sarà un caso per me ma oltre la seconda traccia di ogni cd i loro lavori scendono nella mediocrità. Se lo scorso cd presentava all'inizio due canzoni rivoluzionare nelle stile e nella tecnica in questo Unborn bisogna accontentarci di una prima traccia molto Oceano che mi ha fatto quasi sperare nel miracolo. Puntualmente però sono arrivate le solite Alive to Kill You, Incision e Zombie Blood Curse che hanno fatto precipitare gli standard alle solite basi che conosciamo. Il cd in se come ogni santo anno non è brutto, scritto con pochi riff o mal registrato, semplicemente dopo il duecentesimo album uguale all'altro forse c'è un po' i noia nell'ascoltatore, c'è una sorta di prevedibilità intrinseca che ti fa prevedere ogni accento delle canzoni.
Se te chiedi ad un fan del Death Metal che album ama della band ti cita sempre il primo (e come dargli torto) ma poi il vuoto, o a preferenze, un album si ed uno no, tanto sono tutti uguali (anche nei contenuti) ma dipende dallo stato d'animo in cui ti trovi, se hai una giornata buona risulterà un bel se invece prima ti sei sentito mille gruppi "piri piri", The Faceless, Gorod e Job For a Cowboy potresti trovare le soluzioni dei Six Feet Under un pelino stantie.
Forza e pregio del gruppo è questa immutabilità dei contenuti, una rigidità stilistica che a distanza di anni comunque mantiene un suo perchè ma che potrebbe risultare agli ascoltatori più moderni una trovata del primo gruppo di 15enni che tenta di fare Deathcore.
Per chi ha memoria storica e senso del Death Metal sa bene che pretendere un cd dei Six Feet Under diverso dagli altri è impossibile, basta accontentarci di quel quid in più che ci regalano ad ogni inizio di cd (e dire che che Undead poteva benissimo essere il cd della consacrazione) e sperare che non cambino, perchè nel complesso edipico del Deathster c'è sempre il fatto che i vecchi gruppi non devono mai cambiare anche se continuano a tirare fuori porcate o cd miseri.
Levando i moralismi e diffidenza si riesce ad ascoltare più volte questo cd con facilità, senza scandalizzarsi del tasso tecnico o del livello innovativo che, anzi, in un periodo così fortemente incentrato sulla tecnica risulta ancora più pregevole e personale.
Inossidabili ed instancabili con i loro pregi e difetti, ti viene da dargli un coppino al collo ma alla fine sai che anche dato non cambieranno, quindi, si, mi arrendo alle critiche e decido di far passare anche questo cd con la sufficienza.


Mark : 6/10



Aeon - Aeons Black


Year : 2012
Genre : Death Metal
Record Label : Metal Blade Records
Sounds Like : Cannibal Corpse, Nile, Bloodbath
Reviewed By : Edoardo
Sentence : Questo è D.E.A.T.H M.E.T.A.L.

Porco dio e tutti e santi in compagnia, ci voleva tanto a suonare Death Metal?
Non è old school, non è roba Deathcore ne progressive, Death Metal al 100% con una produzione moderna e suona 2012. Sembra una cosa semplice ed invece sembra impossibile trovare band che si collochino spazialmente nell'anno in cui escono, sempre più le mode del passato e del passato recente prendono il sopravvento ma gli Aeon ci sono, sono salvi e ci hanno salvato.
Aeons Black è un tripudio di malvagità e blasfemia che nelle 15 tracce si toglie molte soddisfazioni e riesce a regalare una performance d'alta classe. Granitici come sempre, la band svedese riesce ancora  una volta a radere al suolo molta della concorrenza forte della sua sicura padronanza del mezzo e oramai più di una decade di attività.
L'influenza dei Cannibal Corpse ( dal 1989 al 2012) risulta sempre l'arma migliore dei nostri, l'abilità nel riuscire a sfruttare certi trademark e un growl molto simile a quello di Fisher sono forse la cosa che più li avvicina al pubblico, questa volta però si è fatto un lavoro sulle chitarre eccezionale sia dal punto di vista studio che proprio esecutivo.
Le soluzioni e gli stili trovati hanno dell'incredibile, sembra che ripercorrano 25 anni di Death Metal in cd, una cosa quasi unica. Se The Glowing Hate sembra uscita da Nightmare Made Flesh, I Wish You Death invece pare venire diretta da Annihilation of the Wicked!
Blessed By the Priest idolatra quello è il concetto dei Cannibal Corpse per Groove, Nothing Left to Destroy invece quello che dei Suffocation.
Ce ne è per tutti, di cd così ne escono veramente pochi, ispirazione a palate e divertimento moltissimo, trovare un difetto in questa release se non una marcata personalità sembra impossibile, d'altronde la tale mescolanza di stili e la varietà impressionante di essi rende Aeons Black un cd che nonostante i 50 minuti (tanto per un album Death) si riascolta tante, tante, tante volte di seguito.
Una bomba.


Mark : 7.5/10



Between The Buried And Me - The Parallax II: Future Sequence



Label: Metal Blade Records
Year : 2012
Genere: Metalcore/ Mathcore/Progressive/Technical Death Metal
Voto: [9.0]

Mettiamo subito in chiaro una cosa: la prima volta che ho sentito i B.T.B.A.M. con attenzione è stata un mese fa, grazie al mio amico e bassista Gianmarco, che tra un pezzo di Marcus Miller e l'altro, mi ha fatto sentire una loro traccia.
Da quel momento è stato puro amore, infatti appena il "boss" mi ha incaricato di recensire il loro nuovo album, avevo la bava alla bocca.
Ma ora bando alle ciance!
La band del North Carolina ritorna all'assalto con questo "The Parallax II: Future Sequence", album che definire spettacolare è riduttivo.
Vi chiederete voi: "come suona?" Bene, prendete i Protest The Hero e uniteli agli Obscura, otterrete qualcosa che gli si avvicina.
Ok, come paragone fa schifo, ma è giusto per rendere un minimo l'idea.
Infatti questo disco è molto particolare, ultra articolato, con passaggi che sfiorano la malattia.
Prendiamo "Extremophile Elite": la traccia al minuto 4.24 presenta uno stacchetto di.. Xilophono!
Cioè cristo, uno Xilophono in un album del genere non me lo sarei mai aspettato, tantomeno il Sitar che attacca intorno al minuto 8.03!!!
L'album è ricchissimo di sfumature, un piccolo capolavoro mi verrebbe da dire.
E cazzo, ho preso in esempio solo una traccia! Qualcuno si sta ancora chiedendo "perchè 'sto fesso li ha paragonati agli Obscura??".. bene, prendiamo i primi 2 minuti di "Telos" e ditemi se non sembra una traccia uscita fuori da "Omnivium", ultima fatica dei 4 tedeschi! Che i Between fossero una band con i controcazzi era risaputo, ma questo album li innalza ancor più nell'olimpo del metal, grazie a parti strumentali spettacolari, senza fronzoli e che nonostante la durata, riescono ad entrare subito in testa.
Il tutto unendo le più varie influenze, dal death metal più brutale al prog di stampo Theateriano.
Come al solito i più TRVE diranno "ma il death metal con le parti in pulito non è vero death metal! buuuh!", ma io in pronta risposta dico "esticazzi!"; se non fosse per band come i B.T.B.A.M., i Periphery, i Protest The Hero, i Faceless, o i cari Meshuggah (tanto per citarne qualcuno), il metal sarebbe il genere più idiota e noioso del mondo, poichè è grazie a band come queste che la tavolozza dei colori di questo grandioso genere si fa sempre più grande e varia, rinnovandolo e rielaborandolo ogni volta grazie ai loro album.
Questo nuovo periodo che parte dalla metà dell'ultimo decennio si sta mostrando molto prolifico, e i B.T.B.A.M. stanno dando un grande mano per fare in modo che questo periodo duri ancora lungo!
[Alberto Musso]


Over Your Threshold - Facticity


Label : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Progressive Death Metal
Sentence : Cool Job [7.0]

Si potrebbe dire senza se e senza ma che gli Obscura hanno fatto colpo nello scenario Death mondiale, sempre più band incarnano il loro sound, tra queste i  Tedeschi (guarda caso) Over Your Threshold si fanno notare e vengono accolti dalla Metal Blade Records che pare voglia offrire una alternativa al combo capitanato da Kummerer.
La band non si sposta molto dai soliti nomi, Atheist e Death non che Pestilence, gli Over Your Threshold  nascono da madre e padre identici a quelli degli Obscura. La band ha il merito di aver creato un album valido, molto ampio con grandi progressioni e tantissime idee, magari non originali ma la varietà e la scorrevolezza di questo lavoro sono sicuramente da lodare. Un bell'ascolto per tutti coloro sanno apprezzare un determinato sound. Ancora acerbi in certi tratti e troppo Obscura-Oriented ma non si pretende il colpo grosso al primo assalto. Antic e Self Exhibition risultano per me le migliori del lotto, ma non c'è una marcata differenza, la tracklist è molto omogenea.Per chi volesse sentirsi Cosmogenesis V.2.0.



Immolation - Close To A World Below


Label : Metal Blade Records
Year : 2000
Genre : Death Metal
Sentence : Put My Hand In The Fire [8.5]

Si può fare a meno di tutto, ma non di loro.Close To A World Below segna un nuovo apice, o meglio l'ascesa degli Immolation che da questo album in poi sforneranno solo Masterpiece per quanto mi riguarda.
Close To A World Below esce un'anno dopo Failures of Gods ma possiede più ispirazione di esso, ottimamente introdotto da Higher Coward, feroce e senza pietà, lancia andare subito il primo vero ruggito da leone con una Super Hit della loro discografia, Father, You're Not A Father.  Dopo il semi-mid tempo la band si rigetta del Death-Brutal di scuola NY con Furthest From The Truth e Fall From A High Place che segna quest'ultima un grande passo verso l'epicità dei giorni nostri.
Lost Passion è l'altra immancabile Hit del lavoro che si affronta in un crescendo vario e dinamico sino ad esplodere nelle strofe finali. Put My Hand In The Fire fa risplendere per l'ultima volta il duoVigna - Wilkinson, netta la mano di Vigna comunque nel song writing, lo stretto duello ed intreccio ritmico della canzone pongono essa come una delle più tecniche del lavoro e anche una delle più ridondanti con parti veramente plumbee e tenebrose.
Chiusura affidata alla title track, la maestosa traccia nei suoi 8 minuti è un concentrato di epicità e Death Metal, malsane melodie ed umori funerei, le chitarre scandiscono i passaggi su atmosfere Blackeggianti e Doom per poi accingersi nel mare del Groove tipico e trademark degli Immolation.
E se ogni cd loro da 12 anni a questa parte è un capolavoro ci sarà pure un motivo, manca la genialità ritmica di Shalaty e la tecnica di Bill Taylor ma Ross Dolan e Robert Vigna sono una garanzia, lunga vita agli Immolation.



Whitechapel - Whitechapel


Label : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Thrashcore/Deathcore
Sentence : Fall of the Gods [3.5]

Cambiare rotta non è mai un male anche quando si finisce col muso per terra come in questo caso. La band di Knoxville arriva al quarto capitolo discografico puntando verso lidi più "melodici" e thrashcore potendo  rintracciare i vari Lamb of God e Trivium durante l'ascolto di questo Self-Titled Album.
Una sterile copertina annuncia uno sterile cd.
Per quanto riguarda le prime 3-4 tracce si può sicuramente dire che l'esperimento non è riuscito ma almeno ci sono le idee ed un filo logico che le lega, col passare degli ascolti purtroppo le canzoni perdono linearità andandosi ad inabissare in momenti confusionari e senza una vera conclusione, diversi riff presi e lasciati nel più bello non che cori presenti una volta e mai più (che razza di cori saranno mai?).
Notare anche la fine di Faces e l'inizio Dead Silenceche  dovevano combaciare ed invece vanno a cozzare per un stop penso non voluto tra una canzone e l'altra, breve e sicuramente non un fattore di dissolvenza pre-impostato dal Itunes.
Le canzoni non solo possiedono pochi contenuti ma esse sono abbastanza scontate e sterili, a volte di una banalità disarmante, il riff iniziale di I, Dementia potevo benissimo scriverlo io e vergognarmi di esso fino alla morte. Mancano i punti di riferimento, Dead Silence riesce con una sorta di ritornello a trascinare una canzone che regala ben più di un'attimo di confusione e mancanza di idee, cosa che non succede per esempio in Devoid, forse la canzone più brutta mai scritta dai nostri.
Da notare come il pianoforte sia abbastanza presente durante il lavoro come intro e outro e ad aprire la sopracitata Devoid.
Per concludere : il lavoro manca di organicità non che di omogeneità nei contenuti, latitano a volte le idee e più di una volta si ricorre all'uso di riff pacchiani.
Delusione.



Allegaeon - Formshifter


Label : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Technical Metalcore/Thrash Metal
Sentence : THIS IS NOT MELODIC DEATH METAL [8.0]

E' come dire che il Deathcore è Death metal, per carità cazzo, non sia mai. Allora basta proporre nuovi idoli Melodic Death Metal quando invece fanno Metalcore, metalcore che tra l'altro puzza pure di Trivium.
La copertina fa cagare ma è essenzialmente l'unica cosa brutta di questo cd. Gli strumentisti hanno le palle ottagonali e dispongono di una produzione pompata così che ogni singolo riff risulti una bomba atomica, ogni arpeggio delicato e ogni sweep feroce e melodico. Insomma se date a Superman i poteri di Hulk (Bestemmia) non diventa questo più imbattibile di quanto non sia già?
Allora potenziate le armi agli Allegeaon rimane solo la loro testa a guida della perfezione; ma basta sentire Twelve-Vals For The Legions, non serve un cd, non servono mille canzoni, basta questa canzone per capire la pasta di questo lavoro, la forza e la tecnica non che la genialità. Stiamo parlando del miglior cd Metalcore di questo 2012, forse; poi è vero si, echi di Nevermore e Fear Factory ci sono abbondanti ma mi piace etichettare questa proposta nella categoria Metalcore, giusto per dare un po di lustro ad un genere che se vivesse di quei quattro gay che fanno i breackdown sarebbe già nella tomba per la qualità musicale.
E' vero anche che non è di semplice apprendimento e che in alcune parti è ostico ma son sicuro che dopo 2-3 ascolti potrebbe diventare il vostro nuovo culto.
Diocane.




The Ocean - Anthropocentric


Label : Metal Blade Records
Year : 2010
Genre : Post Metal
Sentence : This is the Universe [8.0]

Bisognerebbe chiedergli come hanno fatto. Uscito nell'Autunno rispettivo a Heliocentric questo Anthropocentric non si discosta dalla proposta del primo tassello anche se guarda un po più indietro a livello di riffing (Sewers Of The Soul). Non mancano momenti di grande interpretazione da parte di Rossetti come For He That Wavereth... o la title track. E' un cd che arriva a colpire molto molto dopo rispetto ad Heliocentric e questo ne denota una complessità maggiore. Senza però dimenticare il lato più catchy con alcune canzoni, altre nonostante il buon impatto sono di difficile apprendimento, la stessa titletrack posta in apertura è di 9 minuti e oltre. Nonostante qualche appesantimento non si può dire che non ci sia un fil rouge tra i due cd anche se comunque non sto parlando di due cd fotocopia perchè tutte le soluzioni non si ripetono mai. Non ci sono canzoni che si assomigliano, sono omogenee ma parlano sempre con un accento diverso. The Grand Inquisitor III: A Tiny Grain of Faith e The Almightiness Contradiction adottano soluzioni totalmente estranee sia al contesto della band sia ai loro lavori ma nonostante questo riescono ad amalgamare benissimo esse nel proprio sound come se la deviazione musicale facesse oramai parte dei tedeschi.
Nonostante diverse tracce molto peculiari ed altre d'impatto la tracklist non risulta agli stessi livelli di Heliocentric, a momenti si ed in altri no ma fa niente, sempre di un grande lavoro stiamo parlando.



The Ocean - Heliocentric




Label : Metal Blade Records
Year : 2010
Genre : Post Metal/Post core
Sentence : So Pefcet and so Underrated [9.0]

Uno degli album migliori degli ultimi 10 anni. Insieme a Mastodon e Gojira sicuramente la band più rivoluzionaria del mondo del metal. Unendo filosofia, pianoforte, orchestra al Post Metal la band tedesca riesce a creare in questo Heliocentric un sound personale e fondamentalmente diverso da quanto proposto in Precambrian (se pur anche in esso son presenti grandi elementi di orchestrazione). Una rivoluzione sonora che non sminuisce minimamente l'opera ma che anzi ne aumenta il potere catchy, canzoni come Ptolemy Wa Wrong ed Epiphany sono delle ballate di pianoforte di una delicatezza indescrivibile, così ben studiate e soffici da non poter scontentare nemmeno chi di di metal non ha mai sentito niente, insomma, musica per tutti.
Ma non solo, la ricercatezza nelle liriche di canzoni The Origin of Spieces rende merito al song writing elaborato e di palato fine di essere accompagnato in modo adeguato ed altrettanto intelligente. Incentrato ovviamente sulla teoria Eliocentrica tutto l'album affronta i problemi di Giordano Bruno sul sistema aristotelico-tolemaico e sulla relativa posizione della chiesa andando poi a parare in una personale intuizione con l'arte della Maieutica che pone il quesito finale "Who made your Architect?".
Poesia, musica raffinata e colta, ballate per chi di metal non se ne intende, il lavoro fatto su Heliocentric esula dal concetto di Metal o Rock, questo cd è un patrimonio internazionale della musica (come d'altronde ogni uscita della band). Purtroppo la musica colta non viene spesso ben accettata da chi è abituato al metal duro e grezzo e chi ama quello classico troverà troppo solenne e noiosa l'interpretazione vocale. Ascolto dopo ascolto però per quelle buone anime che ci si cimenteranno si aprirà un mondo ai limiti della perfezione.
Provare per credere.

Preview

Cancer Bats - Dead Set On Living


Label : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Hardcore Punk
Sentence : Breathe Armageddon [7.5]

Al quarto album i Cancer Bats non possono sbagliare, formula rodata, line up molto stabile e la solita quartina di minuti giusti per spaccare i timpani con un Hardcore legato al fare moderno. Se state aspettando i nomi delle prossime Hit dei nostri ,bene, accontentati : Drunken Physics,Breathe Armageddon,The Void e Old Blood sono le canzoni maggiormente caratterizzanti il platter con un'ottima scelta ritmica e un'intelligente song writing. Nonostante il genere e i vari canoni che possiedono i Cancer Bats riescono a mettere qualcosa in più alle loro composizione, oltre la personalità esposta nel riffing, le strutture sono studiate alla vecchia maniera ma arricchite con degli Special che il 99% delle band non metterebbe. Se ascoltando gli Hatebreed dopo 2 cd si avventa la noia, si può star sicuri che con i canadesi c'è sempre un riff dietro l'angolo pronto a farvi drizzare le orecchie o imbarcarvi nel Mosh. Hardcore acuto, personale ed intelligente.


Cattle Decapitation - Monolith of Inhumanity


Label  : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Progressive Death Metal/Grindcore
Sentence : WTF IS THIS SHIT? [3.0]

Va bene allora io incomincio a scrivere canzoni a caso che cambiano genere ogni 20 secondi senza una logica, ogni canzone è missile sparato a zero senza anima, con qualche refrain carino ma è immerso in una tale merda da risultare invisibile. Canzoni brutte come Projectile Ovulation sono proprio "brutte brutte brutte brutte" (cit. Aldo Giovanno e Giacomo) ma non vi spaventate, c'è sempre di peggio, o forse no? La sconclusionatezza, il modo disorientato e psicotico di gestire il riffing rende sicuramente personale la proposta dei Cattle Decapitation, proposta che para para a quella dei primi Origin estremizza l'estremo risultando un palese calcio nelle palle. Non vado a dire che l'old school è meglio ecc ecc ma porco di quel santissimo è possibile fare del Death Metal così di merda?.Mi rifiuto di proseguire l'ascolto.



Six Feet Under - Undead


Label : Metal Blade Records
Year : 2012
Genre : Death Metal
Sentence : Zombies from the past [6.0]

L'ultimo cd di inediti della band risale a 4 anni fa e forse questo è il motivo per cui qualcuno un po di voglia e curiosità l'ha avuta ascoltando il singolo Formaldehyde. Più macabri e snelli da quel groove oramai già ampiamente scritto, autoreferenziale e diciamocelo...palloso. Invece la novità si ferma esattamente con le prime due canzoni che danno una impostazione "nuova" ai SFU, impostazione abbandonata subito dopo nelle restanti 10 tracce. Aimè mi tocca riscontrare sempre gli stessi difetti : la staticità delle ritmiche, pochi riff convincenti, qualche ritornello carino ma giù usato e la mancanza di interpretazione di Barnes in più della metà delle tracce rese anonime essenzialmente per tutti questi motivi. Un solo ascolto è abbastanza duro affrontare, due sono impensabili. Di solito succede che ascoltati una volta ogni tanto i SFU risultano ganzi, ascoltati due volte di file risultano di una noia soprannaturale. Del vecchio stile posso dire che ci sono tre canzoni che si salvano : Molest Dead, Delayed Combustion Device e The Depths Of Depravity (persino degli arpeggi troviamo!).Canzoni catchy e con un buon tasso di riff convincenti ma udite udite con più di due cambi di ritmica!
A parte le prese per il culo il cd rimane sufficiente, aggiungendo poi le prime due tracce tra le cose da salvare l'album acquista un parziale valore se specialmente messo a confronto con gli obbrobri (chi ha parlato di Warpath???) del passato. Diciamo che in 4 anni hanno raccolto abbastanza materiale da fare un cd carino, diamo merito almeno per una volta a questo band di non aver fallito l'obbiettivo.


Job For A Cowboy - Genesis


Label : Metal Blade Records
Year : 2007
Genre : Deathcore
Sentence : Less muscles - More intelligence [7.5]

Si potrebbe riassumere nella classica massima tipica dei fusti palestrati la natura deviata che hanno preso i JFAC. Trai capostipiti del Deathcore, fondati nel 2003, la band nel 2007 raggiunge il traguardo del full lenght, sotto major tra l'altro. La band denota uno stile assolutamente personale, chitarre vere, marce, soffocanti e taglienti. La tecnica era ottima e la produzione idem, batteria e basso si destreggiavano in grandi galoppate e poderose aperture (monolitiche e oramai un Cult quelle di Embedded) senza dimenticare la forza dello stacco, già al tempo eliminato come breackdown e utilizzato come riff Death Metal-groove-rallentato. Temi apocalittici pervadono il cd che alterna benissimo atmosfere tirate e veri attimi di respiro quali Upheval e Blasphemy. Super Hit quali Strings of Hypocrisy e Altered From Catechization fanno parte oramai del repertorio live della band da tanto tempo e sono per questo dei veri classici non solo del gruppo stesso ma anche del genere. Il meglio che potevano dare lo hanno dato quando c'era più incoscienza, voglia di osare, meno aspettative e meno tecnica. Magari l'approccio così moderno e rivoluzionario non era nemmeno voluto, fatto sta che Genesis è ottimo, non un capolavoro ma sicuramente uno dei punti fermi da dove partire col genere. Dopo ripetuti ascolti nel passato e il nuovo cd di questo 2012 riconfermo il fatto che questo è quanto di meglio abbiano mai fatto, magari sottovalutato, passato inosservato, evitato per il pregiudizio però merita...e che cazzo.


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