Year: 2013
Genre: Metalcore
Record label: Roadrunner records
Sounds like: Times Of Grace, All That Remains, The Sorrow
Reviewed by: Alberto
Sentence: Non avevamo dubbi.
I Killswitch Engage sono ormai una di quelle band entrate nella storia, dal 2000, la band di Westfield ci insegna come suonare puro Metalcore.
In tutti questi anni sono stati capaci di sfornare grandi pezzi (non grandi dischi, sottolineo), che potrebbero sembrare simili tra di loro, ma questo solo perchè ormai il loro stile è inconfondibile e li rende unici rispetto a tutte le altre band del genere.
Il nuovo album "Disarm The Descent" arriva dopo un brutto colpo per la band e per i fan, ovvero la dipartita del cantante Howard Jones, uno dei cardini della band, che ha contraddistinto il loro sound per la bellezza di 10 anni; ma il nostro eroe non è stato sostituito dalla prima scimmia urlatrice passata, bensì da niente popò di meno che Jesse Leach, primo cantante della band, che a distanza di 10 anni, dopo aver militato in altre band e dopo essersi fatto crescere un bel barbone, ha raggiunto una maturità vocale a dir poco spaventosa.
C'è da dire che mai come in questo periodo il metalcore sta riprendendo pianpiano piede, con la nascita di quel genere tanto amato/odiato soprannominato Djent, molte band stanno pianpiano modernizzando il loro sound e comunque, grazie alla grossa "eredità" lasciata dalla prima scuola metalcore, molte band riescono a raggiungere un buon ibrido tra i due generi.
I Killswitch è vero che non tirano fuori un disco con i controzebedei dal buon vecchio "As Daylight Dies", infatti l'ultimo "secondo" omonimo non è stato proprio un granchè, ma c'è da dire che per fortuna, quella macchina d'uomo che è Adam Dutkiewicz non ha mai avuto problemi a trovare riff orecchiabili e con parecchio groove, tanto da assicurare sempre il pane alla band, come in questo caso, poichè probabilmente questo nuovo album da una "rispolverata" a quello che era il vero spirito dei Killswitch, probabilmente alimentato anche dal cambio cantante.
Effettivamente ci troviamo avanti a una specie di ritorno al passato, poichè per certi versi, il sound è migrato più verso quello dei primi album, mentre dall'altro è rimasta parecchio quella vena più groove della band, e questo mix non fa che aumentare il piacere nel sentire questo nuovo disco.
La cosa che fa sorridere di più e che nessuno dei pezzi sia "mostruosamente figo", ma sicuramente l'ascoltatore non ha l'istinto di andare a skippare la traccia che ascolta, poichè tutti i pezzi suonano bene.
La partenza sparata fin dall'inizio con "The Hell In Me", traccia (come tutte le altre 11) che suona in puro stile Killswitch, con riff macina sassi, ritornello ultra melodico, stacchetto pulito e clean vocals alternate e "mischiate" alle parti in scream che il buon Jesse non ci offriva dai tempi di "My Last Serenade", fomenta l'ascoltatore, che inizia a capire che qualcosa bolle in pentola, e man mano che si avanti con la playlist, il discorso diventa sempre più interessante; dopo tracce come "New Awakening" o "A Tribute To The Fallen", si capisce che la band ha trovato la formula giusta, che per ora procede tutto nel verso giusto, e così sarà fino alla fine del disco, passando per "All That We Have" e "Always",secondo me la traccia migliore del disco (in cui non si può non riconoscere uno stile simile a quello di "The end of the Heartache").
Il disco va a concludersi con "Time Will Not Remain", chiudendosi "di" e con il botto, e lasciando l'ascoltatore con una faccia che dice "e mo'? che faccio?", poichè risulta difficile che siano già passati la bellezza di 38 minuti e 10 secondi dalla prima traccia.
In conclusione, il disco suona come deve suonare e come tutti volevano che suonasse; massiccio, granitico, dolce e sentimentale allo stesso momento, lasciando l'ascoltatore soddisfatto e felice di essersi sparato una quarantina di minuti di metalcore con i controcoglioni scritto da delle pietre miliari del genere.
Da avere, senza "se", senza "ma".
Mark : 8/10
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