Label : Peaceville Records
Year : 2012
Genre : Death Doom Metal
Sentence : Definitely not a failure [7.5]
In principio vi erano i My Dying Bride, poi vennero i Mourning Beloveth. Quindi arrivarono gli Inborn Suffering. Tuttavia ci si potrebbe chiedere: cosa era successo ai My Dying Bride? La risposta potrebbe essere nulla, infatti vivi e vegeti continuano imperterriti a pubblicare dischi. Devo ammettere che ogni volta che esce un disco nuovo dei My Dying Bride tremo pensando che possa essere un nuovo 34.788% Complete, venendo poi per fortuna costantemente smentito dai fatti. Dopo il discusso Evinta (che a me personalmente è piaciuto seppur sia quanto di più lontano dal metal si possa pensare) e il buon EP The Barghest o' Whitby entrambi targati 2011 i My Dying Bride ritornano sulle scene con questo nuovo A Map of All Our Failures che va ad essere il degno erede di For Lies I Sire.
Il sound dei My Dying Bride è sempre un po' il solito volendo essere esemplificativi, ma in questo caso è particolarmente ricco di variazioni. Forse più che accostarsi al capolavoro di quello che è il secondo periodo della Band, ossia The Dreadful Hours si avvicina molto a quello che è stato l'iniziatore di questa seconda era A Light At The End of The World, con un misto abbastanza equilibrato della melodia tipica dei My Dying Bride e di pezzi con intervalli più tirati. Una ritrovata formazione completa con l'inclusione del violinista-tastierista Shaun Macgowan e il ritorno dell'ottimo Shaun Taylor-Steels dietro le pelli (a mio avviso il migliore che abbia mai militato nella band) indubbiamente favorisce questo dualismo. Infatti lo stile calibrato, ma ben spesso agressivo di Taylor-Steels ci rimanda diretti a ottimi lavori come Songs of Darkness Words of Light e il suono dei fraseggi di violino riporta al quel capolavoro perduto di Turn Loose the Swans. Stainthorpe alla voce che sia pulita o sia growl mantiene sempre il suo caratteristico timbro che trasuda di cruda sofferenza spiattellata sull'ascoltatore senza mezzi termini. L'iniziale Kneel 'till Doomsday col suo intermezzo Death Metal incanta per la ferocia che la band è capace di scatenare quando vuole così come A Tapestry Scorned e la cupissima Hail Odysseus. Un grande ritorno per una grande band.
[Giorgio Gubbiotti]
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