Year: 2013
Genre: Melodic Death Metal
Record Label: Nuclear Blast
Sounds Like: Children Of Bodom, Arsis
Reviewed by: Edoardo De Nardi
Sentence: (Un)welcome back!!!
Torna con un nuovo parto discografico James Malone, da sempre indiscusso master mind della compagine americana Arsis, giunto con il presente “Unwelcome” al ragguardevole traguardo della quinta release in full-lenght, licenziata anche stavolta dalla tentacolare Nuclear Blast. Rispetto al recente passato, rappresentato dal precedente “Starve for the devil”, sembra che stavolta il gruppo abbia riacquistato quella compatezza e quella vena arcigna che aveva permesso al quartetto di attirare l’attenzione un po’ di tutti qualche anno fa, compresa appunto quella della mastodontica etichetta tedesca, lasciando un po’ in disparte le velleità più “easy listening” ben presenti nelle ultime releases. Chi infatti ricorda ancora un Malone tamarrissimo ed iper-melodico nel video di “Forced to Rock” dovrà completamente riadattarsi al nuovo stile del cantante, oggi più che mai concentrato su partiture aggressive e canzoni dal forte piglio death metal, riportando alla mente in più occasioni l’ottimo esordio a nome “A Celebration Of Guilt”. Del debut album i Nostri sembrano riprendere largamente un utilizzo costante e “a tappeto” della doppia cassa, delle scream vocals nuovamente indiavolate e soprattutto una qualità chitarristica finalmente ritrovata dal chitarrista americano. Non mancano certamente le classiche “sviolinate” melodiche che hanno spesso portato gli Arsis ad uno scomodo paragone con i compagni di scuderia Children Of Bodom, ciononostante in “Unwelcome” esse risultano discrete e ben inserite, mai troppo eccessive e non legate alle solite progressioni da manuale che rendono i moderni cd melo-death fondamentalmente tutti uguali. Si percepisce invece una certa ricerca anche in materia di melodie, nonostante le carte migliori il gruppo se le giochi quando decide di puntare spudoratamente sul versante metal della loro proposta, con blast-beat a ripetizione, riffs ultra-plettrati ed una pasta sonora compatta e pesante.
“Carve My Cross” rappresenta in questo senso probabilmente la migliore canzone dell’album, ma anche la centrale “Let Me Be The One” non scherza affatto, con le sue ripartenze fulminanti ed un break centrale dal vago sapore black. Come detto, convincono un po’ meno gli episodi dove si cerca a tutti i costi la strizzata d’occhio ad un pubblico meno “underground” rispetto al target principale della band (Choking on Sand), ma sono sicuro che in questo, anche l’etichetta abbia giocato un ruolo centrale e non trascurabile. Un plauso infine va alle parti solistiche di Malone, vero e proprio “guitar-shredder” alla vecchia maniera, capace però di creare assoli sentiti ed emotivi e non semplici successioni di sbrodolamenti iper-tecnici dalla dubbia resa musicale. Ascolto piacevole, che certo non cambierà le regole ed i connotati del genere, ma che ci presenta una band tornata prepotentemente agli standard qualitativi di quasi 10 anni fa, che certo non è poco.
Mark: 7/10
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