Year: 2013
Genre: Post-Black Metal
Record Label: Profound Lore Records, Candlelight Records
Sounds Like: Deathspell Omega, Agalloch
Reviewed by: Edoardo De Nardi
Sentence: Dust To Dust
Distruggere per ricostruire. Dilaniare senza remore tutto ciò che possa in qualsiasi modo essere definito “classico”, carpendone la sostanza ma rielaborandola in maniera imprevista ed improvvisa.
Da sempre gli Altar Of Plagues seguono in modo quasi reverenziale questa filosofia musicale, creatori maledetti di una miscela velenosa di sonorità desolate e scarnificate che sin dalle prime battute ha permesso al terzetto di crearsi una credibilità di tutto rispetto tra le nuove leve del disagio messo in musica nel nuovo millennio, dovuta indiscutibilmente alla qualità intrinseca dei lavori della band. Con “White Tomb” ed il successivo “Mammal” i Nostri proponevano infatti un unione di influenze rispettivamente più atmosferiche e catartiche il primo, di chiara influenza ambient e post-rock, miste ad una solida base di black metal primigenio e ferale presenti soprattutto nel secondo platter, unite in entrambi gli episodi da uno spirito disperato e pessimistico particolarmente caro ad alcune realtà sludge e drone d’Oltreoceano. Col nuovo “Teethed Glory And Injury” invece, gli irlandesi mischiano nuovamente gli ingredienti occulti del loro incantesimo, fatto adesso di urla strozzate, accenni di follia chitarristica e pattern ritmici apparentemente errati e sconclusionati.
Abbandonato tutto ciò che potesse richiamare alla memoria strutture quantomeno risentite all’interno dei generi sopracitati, sembra che la sola monomaniaca preoccupazione sia adesso quella di destabilizzare psichicamente l’ascoltatore, sottoponendolo ad uno stress schizofrenico difficile da sopportare, ma allo stesso tempo profondamente ammaliante e sensuale.
Come un virus letale, le litanìe di James Kelly si insinuano pericolosamente tra le pieghe recondite del cervello, lasciando ad ogni ascolto nuovi input pazzeschi a cui fare caso, nuovi particolari non notati in precedenza che donano ai brani nuove, inattese sfaccettature che ne modificano essenzialmente il senso. Diventa quindi difficile descrivere separatamente ogni traccia del Cd: introdotti dagli archi ben poco rassicuranti dell’iniziale “Mills”, si passa per una “God Alone” che è forse tra le più inquadrate del lotto, senza dimenticare le linee di basso esternanti odio vivo e vibrante di “A Body Shrouded”. In alcuni frangenti, le alternanze di stacchi inviperiti ad altri di rassegnata disillusione ricordano alcuni passaggi accostabili a “Paracletus” dei Deathspell Omega, ma si tratta solamente di fugaci similitudini dovute, nel caso di entrambi i gruppi, ad una sperimentazione ed una evoluzione continua e costante che ha portato a scelte comuni in fase di songwriting gli Altar Of Plagues ed il misterioso ensemble francese. Rispetto al passato, si sono fatte più evidenti alcune derive industrial che aumentano ulteriormente il phatos durante l’ascolto (“Twelve Was Ruin”), così come è palesemente più marcata l’aggressività sprigionata, dovuta innanzitutto ad un utilizzo più diffuso della voce e a metriche vocali ostinate ed impulsive. Partiti come una delle buone promesse della scena post-black europea, oggi i tre ragazzi di Cork si ritrovano a ricoprire una delle posizioni di massimo spicco all’interno di essa, realizzando un capolavoro che non mostra nemmeno un minuto di cedimento a causa dell’urgenza espressiva inarrestabile che pervade l’intera composizione, sicura pietra miliare per tutti gli amanti delle avanguardie sonore in tutte le sue forme.
Mark: 8.5/10
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