Year: 2013
Genre: Epic Heavy/Doom Metal
Record Label: Inframundo Records
Sounds like: Candlemass, Solitude Aeturnus, Doomsword
Rewieved by: Giorgio
Sentence: We Don't Fear Dantesco
Inarrestabili gli spagnoli Dantesco sfornano quest'anno la loro quarta fatica We Don't Fear Your God. Con questo nuovo album si consacra definitivamente la transizione iniziata sul disco precedente Seven Years of Battle di scrivere i testi delle canzoni in inglese. Al di là della scelta internazionalistica (nonostante lo spagnolo, bene ricordarlo, è la quarta lingua più parlata al mondo) la transizione non è così indolore neanche da un punto di vista musicale. La diversa cadenza dell'inglese ha obbligato infatti il cantante La Bestia a rivedere tutto il suo stile canoro, passando da uno stile molto modulato e improntato sui bassi ad uno stile più agile marcato da timbriche più alte e classici vocalizzi acuti. Indubbiamente questa nuova timbrica attinge a piene mani dalla tradizione dell'Epic Doom e si può benissimo accostare a mostri sacri del genere quali Rob Lowe dei Solitude Aeturnus.
Musicalmente We Don't Fear Your God è un disco che come i precedenti del combo spagnolo attinge appieno dalla tradizione ottantiana dell'Epic Doom mischiato sapientemente con robusti passaggi più Heavy Metal, qualche volta con delle punte quasi Speed, tanto per dimostrare di saperci fare a tutte le velocità. L'ombra dei Candlemass si staglia lunga sopra l'intero disco, dal riffing al soloing abbastanza elaborato e molto presente del chitarrista Joel Carrasquillo. Nonostante le strutture dei pezzi siano tutt'altro che banali e anzi molti brani siano lunghi e intricati i Dantesco continuano a puntare molto sui refrain catturanti come nei lavori precedenti. Infatti come nell'opera dei nostri connazionali Doomsword i ritornelli in We Don't Fear Your God sono la chiave di volta dell'atmosfera epica creata dal gruppo, si sentano Of Darkness, At the Hill of the Ravens o A Brother Has Fallen per una dimostrazione. We Don't Fear Your God quindi prosegue la via intrapresa dai Dantesco, in modo certamente degno di nota, ma senza aggiungere niente ai lavori precedenti, al limite togliendo qualcosa. Non a caso come notavo nell'introduzione il passaggio definitivo all'inglese come lingua d'espressione scombussola un po' le carte in tavola senza apportare miglioramenti, anzi togliendo alcune venature particolari che invece si avevano con i brani in lingua spagnola.
Mark: 7/10
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